Luglio 27, 2024
Costi della politica: da che pulpito (anzi scaffale)…
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Costi della politica: da che pulpito (anzi scaffale)…

Simpatico il dibattito sui “rimborsi” ai consiglieri comunali di Civitavecchia. Simpatico e soprattutto interessante, come tutto ciò che, gettato sotto la luce, proietta anche ombre.  E di temi che rimangono nell’ombra (a ben vedere) in questa storia dei “costi della politica civitavecchiese” ce ne sono molti. Vediamo di stanarli uno a uno.

Primo punto: il dibattito viene lanciato all’improvviso e proprio sul finire della consiliatura. Nessuno se n’è accorto, nessuno ha fatto ammenda finora, nessuno ha sentito il bisogno di puntare il dito per tempo contro ciò che vive come una stortura. Chi lo ha fatto (chi lo sta facendo adesso, in queste ore) ha avuto “l’illuminazione” proprio quando la campagna elettorale muove i primi passi. Ma dai?

Secondo: le cifre iperboliche investono (nel senso che… lo prendono proprio sotto!) innanzitutto il centrosinistra, quasi che un automobilista reso pazzo dai divieti a 30 km/h volesse vendicarsi sul Pd, azzoppandone l’esponente col maggior consenso personale. Perché?

Terzo: le cifre iperboliche pubblicate si riferiscono agli ormai 5 anni totali, non all’anno e men che meno al mese. Soprattutto, non sono soldi entrati nelle tasche dello sventurato consigliere finito nel tritacarne.

E qui occorre essere molto attenti. Se il consiglio comunale si riunisce, e il consigliere è presente, quel giorno a lui è corrisposto esclusivamente il gettone di presenza di 32 euro e 54 centesimi (lordi) per l’intera giornata. Così anche per le commissioni consiliari: se il membro risponde all’appello della seduta cui è stato convocato, per quel giorno gli sarà riconosciuto il gettone di 32,54 (lordi). Semplicemente, questo è: tanto è vero che la media degli emolumenti che i consiglieri comunali prendono a Civitavecchia si attesta attorno ai 100 euro a settimana.

Allora, dove nascono le cifre iperboliche che rimbalzano tra indignati social disattenti e organi d’informazione compiacenti? Sono corrisposte dal Comune non al consigliere comunale, ma al suo datore di lavoro, per rifonderlo del tempo durante il quale il suo dipendente-politico si assenta dall’impiego personale per svolgere le mansioni cui è stato chiamato dall’elettorato (cioè noi).

Cosa che evidentemente non può avvenire per imprenditori e liberi professionisti, ai quali il “lavoro” di consigliere presenta l’altra faccia della medaglia dei “costi della politica”: in questo caso a rimetterci infatti, quasi sempre, sono proprio loro, che perdono clienti e occasioni di guadagno per stare dietro ad atti e delibere (a meno di non diventare assessori).

Chi non costerà mai nulla di rimborsi, insomma, può appartenere solo a due categorie di “politico”. Il primo tipo che viene in mente è il nullafacente, o buono a nulla: e l’elettorato ha già imparato che quelli è meglio non farli governare. Il secondo è invece il pensionato: eureka! Hai visto mai che qualcuno abituato a un marketing particolarmente aggressivo stia cercando di “vendere” proprio questo tipo di prodotto dai suoi scalcinati scaffali? Ah, saperlo…